I luoghi di Alda Merini a Milano
I Navigli sono stati il cuore della Milano di Alda Merini. Qui la poetessa ha vissuto, anche se gli anni che riusciva a trascorrere a casa erano intervallati dai duri ricoveri in ospedale psichiatrico. Qui frequentava le librerie, in primis il Libraccio, il negozio di libri usati che oggi è una grande catena diffusa ma che vide la luce proprio a due passi dalle sponde del Naviglio, nel 1979 in via Corsico. Qui nei pressi sorgevano i bar, come il suo preferito, il bar Charlie, dove Alda soleva passare del tempo e magari anche scrivere i suoi versi.
E allora per visitare i luoghi di Alda Merini a Milano dobbiamo puntare verso i Navigli, magari portando con noi Canto Milano, un libro, pubblicato dall’editore pugliese Manni, che raccoglie componimenti poetici e riflessioni e ricordi in prosa di Alda, a volte affettuosi e nostalgici, altre crudi e disincantati, sulla sua città.
“Sono nata il ventuno a primavera/ ma non sapevo che nascere folle,/ aprire le zolle/ potesse scatenare tempesta. (Vuoto d’amore)”
Indice
Alda Merini: la vita
Alda Merini è nata il 21 marzo del 1931, primo giorno di primavera che dal 1999 è anche stata designata dall’Unesco come Giornata Mondiale della Poesia.
La sua è stata una vita complessa, allietata dalla nascita di quattro figlie, dalle quali tuttavia era costretta a rimanere lontana per lunghi periodi anche a causa dei ricoveri in ospedale psichiatrico. Il primo marito, Ettore Carniti, che sposa nel ‘53, muore nel 1983. Un anno dopo Alda sposerà il poeta e medico in pensione Michele Pierri, molto più anziano di lei, che raggiungerà a Taranto ma che morirà presto. Nel corso di questi e degli anni successivi la Merini incontrerà gli ultimi e le personalità, i salotti televisivi e i bar dei Navigli, continuando a scrivere e ad essere aiutata dagli amici perché sempre in difficoltà economiche, tanto che nel 1995 arriverà per lei il Fondo Bacchelli, il sostegno per gli artisti in indigenza.
Muore l’1 novembre 1999 e da allora la sua città, Milano, la ricorda in vari modi.
La casa di Alda Merini
Intanto, come dicevamo, è soprattutto sui Navigli che possiamo ricercarne lo spirito.
Se arriviamo proprio da via Corsico, dove ancora oggi si trova Il Libraccio, e sbuchiamo sull’Alzaia Naviglio Grande, quello che ci troveremo di fronte è il ponte Alda Merini. Questo ponte in pietra le fu intitolato nel 2009, dieci anni dopo la sua scomparsa. E il luogo non è stato scelto a caso. Una volta attraversato giriamo a destra e dopo pochi passi ci troveremo di fronte una delle tipiche case con le finestre e si affacciano sul Naviglio, al numero 47 di corso di Porta Ticinese. Qui viveva Alda Merini e cantava la sua Milano, fatta di ultimi e barboni, osterie e lavandaie, vita e dolore. Ma da qui, tra gli anni Sessanta e Settanta, fu costretta ad allontanarsi tra un ricovero e l’altro, in dodici anni trascorsi entrando e uscendo dall’ospedale psichiatrico.
Oggi questo edificio rischia di passare inosservato stretto com’è tra negozietti vintage e di dischi e locali per fare un aperitivo, ma se ci fermiamo un attimo e guardiamo in sù troveremo la targa chiara che la ricorda con queste parole :”nell’intimità dei misteri del mondo“.
Purtroppo l’appartamento è tornato ai proprietari e non è mai diventato una casa museo di Alda Merini. Tuttavia, basta proseguire ancora un poco il cammino, lasciandosi questa volta alle spalle la frenesia e la movida per rifugiarsi nelle vie secondarie alle spalle del Naviglio.
Lo Spazio Alda Merini
In via Magolfa 30 si trova infatti lo Spazio Alda Merini, che sorge in quella che un tempo era la tabaccheria dove la poetessa comprava le sue sigarette e che dal 2021 è stato affidato a un quartetto di associazioni, Cetec, Ebano, Errante e Promise, riunitesi sotto il nome di “Piccola ape furibonda” dal nome di un componimento della Merini.
Ma soprattutto questa è diventata la nuova dimora dei mobili che arredavano la camera da letto di Alda Merini nella sua casa in Ripa di Porta Ticinese, che sono stati donati dalle quattro figlie al Comune di Milano. Qui dunque è stata ricostruita La stanza Di Alda, con il suo letto, le sue fotografie, gli abiti le collane, gli accendini, le sigarette, gli oggetti personali, la macchina da scrivere, il pianoforte, tutti gli oggetti che parlano di lei, e soprattutto il Muro degli angeli con disegni, appunti e caricature fatte dalle persone a lei care ma anche numeri di telefono segnati col rossetto rosso. Un angolo di mondo che racconta momenti, aneddoti, esperienze e sensazioni della sua vita contrastata.
E lo Spazio è anche un un fulcro di attività culturali e sociali, tra mostre, performance teatrali, reading, eventi e momenti di relax al Bar Charlie, che ha preso il nome proprio dal pianobar sui Navigli dove Alda passava le sue giornate scrivendo, suonando e incontrando le persone a lei care.
“La casa della poesia non avrà mai porte”.
E così recita anche una delle opere di arte urbana che le sono state dedicate e che si trovano proprio appena fuori dall’edificio, sui muri che chiudono il piccolo giardino antistante lo spazio e che corrono per un tratto di via Magolfa. E troviamo anche un suo ritratto, con una penna in mano, la sigaretta nell’altra e accanto il suo amato telefono. Si tratta di una serie di murales realizzati nel 2016 da Mork, Giorgio Bartocci, Davide Ratzo, Flood.
“Qui accanto c’è il quartiere Ticinese che pure ha subito una profonda modifica. fino a qualche decennio fa era un quartiere di artisti e artigiani. Io mi facevo fare le scarpe su misura. C’era anche il sarto che accorciava pantaloni e gonne e rammendava i vestiti. Ora non c’è più niente. Solo robivecchi che vendono paccottiglia come antiche cose recuperate. Oggi qualunque oggetto vecchio, anche brutto, diventa antico e prezioso. C’erano molte osterie a Milano, soprattutto nel quartiere Ticinese e nei Navigli. Si mangiava con tre soldi e avevano addirittura il telefono. Alda Merini, Canto Milano (2007)”.
Il Mapp ad Affori
Ma nella Milano di Alda Merini c’è purtroppo anche un altro indirizzo, sinistro all’epoca, e che in anni più recenti ha ottenuto il suo riscatto ma dove ancora riecheggiano i ricordi di un passato cupo. Si trova lontano dai Navigli, dall’altra parte della città, a nord in zona Affori, via Ippocrate 45. Era l’ospedale psichiatrico in cui tra gli anni Sessanta e Settanta Alda Merini fu ricoverata a lungo, subendo anche trattamenti come l’elettroshock, che il dottore che l’aveva in cura ha cercato di risparmiarle, o quanto meno di ridurle, consegnandole una macchina da scrivere e spronandola a esprimere i suoi versi. Sono stati anni terribili testimoniati anche da opere come La Terra Santa o la poesia “Il peso di una carezza“, dove ricorrono i cieli di Affori scrutati attraverso gli alti muri dell’edificio. Aperto negli anni Trenta, l’ospedale psichiatrico è stato chiuso negli anni Novanta per diventare oggi un interessante luogo di cultura, recupero e riabilitazione attraverso le arti. Nel suo ampio parco infatti hanno trovato casa grandi spazi verdi, orti urbani, un ostello, un bar ristorante, teatro e murales, tutte iniziative di grande valore sociale e curate da enti ed associazioni. E qui ha preso vita il MAPP – Museo d’Arte Paolo Pini, che promuove l’arteterapia e ospita oggi opere di oltre 140 artisti tra le pareti dei padiglioni, le installazioni e le sculture nel parco.
Alda Merini morì l’1 novembre 1999, i suoi funerali pubblici si sono tenuti nel Duomo di Milano grazie al volere dell’amica e attrice Valentina Cortese.
La poetessa è sepolta nella cripta del Famedio del Cimitero Monumentale, dove riposa insieme ad altri illustri personaggi della cultura come Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci.
I murales dedicati ad Alda Merini a Milano
Ci sono quindi i luoghi vissuti e frequentati da Alda Merini a Milano, e poi ci sono quelli che oggi le rendono omaggio, e spesso le due strade si incrociano. Partiamo dalle parole.
Quella di Alda Merini è stata una produzione vastissima, oltre 100 tra libri, raccolte, poemi in prosa, aforismi, memoir. E oggi alcune sue frasi sono finite anche sui muri di Milano, nelle tante opere di street art che le sono state dedicate o dove figura insieme ad altri personaggi importanti della cultura e della società.
Partiamo da una piccola ma molto affascinante piazza nel cuore di Milano. Piazza Cardinale Andrea Ferrari, dove il volto della poetessa campeggia insieme a quello di altri personaggi illustri della cultura e della musica in un lungo murales nei toni caldi del beige, dell’arancione, del rosso. L’opera, che decora il muro del Convento della Visitazione, porta la firma di Orticanoodles e fa parte del progetto WallArt, voluto dal vicino Istituto Gaetano Pini i 140 anni della sua fondazione. Il ritratto di Alda Merini spicca insieme a Franca Rame, Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, Claudio Abbado, Carlo Emilio Gadda, Gian Maria Volontè.
E ancora il duo Orticanoodles è l’artefice di altri due grandi progetti dove ritroviamo anche Alda Merini, entrambi in quel grande museo di arte urbana che è diventato il quartiere Ortica. Qui infatti tra via Trentecoste e via Bistolfi, potrete ammirare il grande murale dedicato “Alle donne che hanno fatto grande il ‘900″, realizzato dagli studenti dell’Istituto Pasolini di Milano in un progetto di arte partecipativa di Or.Me Ortica Memoria e appunto di Orticanoodles. Insieme alla Merini ci sono Camilla Cederna, Anna Kuliscioff, Ersilia Majno, Antonia Pozzi, Alessandrina Ravizza, Maria Maddalena Rossi e Liliana Segre.
E gli artisti hanno voluto ritrarre ancora la poetessa anche in uno dei loro ultimi progetti sempre nel quartiere. È il suo uno dei 200 volti raffigurati nel “Murale dei diritti”, insieme a esempio a quello di Patrick Zaky e dell’attivista pakistana MalalaYousafzai, inaugurato recentemente in via Ortica 1.
“Io la vita l’ho goduta tutta, a dispetto di quello che vanno dicendo sul manicomio. Io la vita l’ho goduta tutta perché mi piace anche l’inferno della vita e la vita è spesso un inferno. Per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara’”.
Conoscevi questi luoghi? Quali altri conosci dedicati alla grande poetessa di Milano? Faccelo sapere nei commenti.
Articolo a cura di Mariangela Traficante giornalista e founder di Che libro mi porto