ARTS&FOODS. RITUALI DAL 1851
Sono andata finalmente a vedere Arts&Foods. Rituali dal 1851 una tra le grandi mostre protagoniste di Expo, o meglio l’unico padiglione in città, collocato al di fuori dal parco tematico. Ero davvero curiosa di addentrarmi nel vivo di questa esposizione che, organizzata da Germano Celant, rappresenta il rapporto tra l’arte, vista in tutte le sue declinazioni (pittura, scultura, desin, musica ecc) e i diversi rituali del cibo nel mondo che ci hanno accompagnato dal 1851 ad oggi. 7000 i metri quadrati che caratterizzano lo spazio espositivo suddiviso in 15 ambienti e stanze dedicate ai luoghi del cibo, 2000 opere tra cui 1000 oggetti di design, 350 fotografie, 120 estratti di film, 400 opere d’arte, provenienti da musei, fondazioni pubbliche e private, collezionisti e artisti di tutto il mondo. I dati parlano chiaro: si tratta una mostra immensa in termini fisici e intensa in termini contenutistici. Per non parlare dell’immenso lavoro che c’è dietro!!! Non oso immaginare.
L’esposizione è dunque un percorso, un viaggio nel tempo che riflette creativamente il tema di EXPO, “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”.
La mostra mi ha particolarmente colpita per il suo livello di dinamicità e coinvolgimento: il tema principe, i rituali del cibo nel tempo. viene raccontato attraverso l’utilizzo di opere d’arte, installazioni, suggestioni sonore e olfattive, proiezioni cinematografiche, che aumentano la curiosità del visitatore e rendono la visita sempre più interessante e piacevole. Non mi sono mai annoiata, anzi, più andavo avanti e più ero curiosa di passare allo step successivo.
Il percorso si sviluppa ripercorrendo tre filoni storici: dal 1851 al 1950, dal 1951 al 1980, dal 1981 al 2015.
Si parte con la contrapposizione di due ambienti: una sala da pranzo contadina e una aristocratica. Siamo nel pieno della rivoluzione industriale in cui muta la produzione del cibo e i rituali ad esso connessi. Lo confermano i dipinti che raffigurano momenti di convivialità della borghesia, come quelli di Giuseppe de Nittis “Colazione in giardino”, nature morte come quelle di Renoir, Paul Gauguin, Giovanni Segantini, Giorgio De Chirico,oggetti, porcellane, utensili, arredi di questo particolare periodo storico (1851-1950). Si passa poi alle avanguardie, il Cubismo e il Futurismo di cui è interessante notare il cambiamento delle forme nel design delle sale da pranzo e degli oggetti. Sapevate che il Futurismo fu il primo movimento artistico ad interessarsi al convivio e alla gastronomia? Con il Manifesto della cucina futurista, Filippo Marinetti teorizza un nuovo concetto di pranzo che diventa una performance culinaria capace di stimolare lo spirito e le energie dei commensali. Bè un idea non molto lontana da quella attuale.
Interessante e “moderna” per quei tempi, la Maison des Jours Meilleurs (1956) di Jean Pruvè, un casa costruita per chi ha perso tutto durante la guerra, provvisto di blocco cucina e sevizi, facile da montare perché pensata per essere utilizzata all’occorrenza, arredato per l’occasione con Picasso e Morandi.
Si passa poi agli ‘60 – ’80. Sono gli anni del boom economico, della Pop Art in cui il cibo diventa arte. Da Claes Oldenburg a Roy Lichtenstein, da Andy Warhol a Tom Wesselmann, tante sono le opere che riprendendo le immagini dalle pubblicità, trasformano l’hot dog, la bottiglia di Coca-Cola, la scatola di Campbell in oggetto artistico.
Fonte Exhibart |
Roy Lichtenstein – Fonte Marieclaire |
E, in una mostra dedicata al cibo non si poteva non affrontare il tema della bulimia, argomento complesso e di difficile rappresentazione. Qui la fanno da padroni una serie di installazioni di grande impatto scenico e concettuale portate avanti dai movimenti ell’Arte Povera, ConcettuaL ART, Land Art. Esempi sono l’Igloo di Merz dove il pane diventa copertura e protezione, concetto che rivediamo nella Bread House di Urs Fisher. Un profumo di caffè intanto inebria l’ambiente grazie all’installazione Senza Titolo di Jannis Kounellismentre un delicato profumo d cioccolato si intercetta dall’installazione Coquille Gnomes di Dieter Roth in cui dodici gnomi da giardino sono imprigionati in blocchi di cioccolato collocati su un bancale. Che voleva rappresentare? Non ho idea, ma facendo una ricerca ho scoperto che l’artista ha utilizzato oltre quattro tonnellate di cioccolato Novi per realizzare le sculture.
Igloo di Merz |
Impressionante l’installazione d Miralda Patriotic Banquet in cui del riso cotto, ben disposto nei piatti, si deteriora ed ammuffisce. Immagini forti dunque ci aspettano in questo terzo ambiente, alcune anche perverse come quelle di Marina Abramovic nel video The Onion che ingurgida cipolle crude o quella di Mona Hatoum Deep Throath che riprende in un video il movimento della gola nell’atto di accogliere il cibo.
Marina Abramovic |
Una delle parti più interessanti della mostra, che non ti aspetteresti mai è la sezione vietata agli adulti, ovvero un percorso dedicato completamente a bambini e ragazzi che spiega il tema della relazione tra arte e cibo attraverso giocattoli, animazioni, fumetti e opere tra cui anche 93 capolavori di Andy Warhol destinate ai più piccoli. Un’idea orginalissima.
Da Arts&Foods. Rituali dal 1851 a Cucine e Ultracolpi, una mostra allestita nel museo del design della Triennale che rappresenta l’arrivo di prodotti dell’industrializzazione, come utensili e macchine come un’invasione da parte di alieni, con tanto di astronave esposta. Il concetto dell’invasione di utensili ed elettrodomestici e della loro sostituzione al lavoro domestico, viene egregiamente rappresentata grazie ad un allestimento divertente ed interattivo, ad opera di Italo Rota.
Cucine e Ultracolpi |
Cucine e Ultracolpi |
Ciò che mi ha colpito di più di questa mostra? La presenza di elementi all’avanguardia in tempi direi remoti. Mi riferisco al Tavolo Autarca,progettato nel ’36 da Angelo Fasce, in cui, i commensali possono servirsi in autonomia del cibo già impiattato, attraverso un sistema cilindrico il estraibile e gli arredi di Joe Colombo dal design e della struttura super moderna, espressione di un modo di vita del futuro, come La Roto-livingunit del 1969.
La Roto-livingunit di Joe Colombo |
Davvero interessante questa mostra, forse una delle più coinvolgenti che abbia visitato negli ultimi tempi, una mostra che consiglio a tutti, grandi e piccini, per conoscere ed approfondire la nostra storia attraverso l’arte e i sui rituali nel tempo.